Quando raccontai la cosa a Moreschi mi rispose: Poshibel ‘na cavra de het quintai! –
Perché Moreschi non credeva mai a niente e quando uno diceva che la sua ragazza era la piú bella di tutte, o che teneva nello zaino un pacchetto di sigarette da cinquanta, o che a casa aveva in serbo una damigiana di vino per quando sarebbe ritornato, usciva fuori improvvisamente a dire: – Possibile una capra di sette quintali? – ogni tanto raccontava la storia di quel tale che alla stazione di Brescia aveva fermato l’Orient-Express. Era in mezzo al binario e giocava alla morra con altri compagni e quando sentí spingere alle spalle, si girò seccato gridando: – Chi è qui che urta? – Ed era l’Orient-Express che veniva da Milano. – Ma, – soggiungeva Moreschi, – era un caporalmaggiore della pesante, con le spalle larghe cosí –. Poi guardava le reclute e ripeteva: –
Poshibel ‘na cavra de het quintai? – Schiudeva quindi le labbra e tra i baffi neri e la folta barba nera mostrava una fila di denti bianchi; i suoi occhi sotto le sopracciglia nere avevano un riso ingenuo e buono. Meschini, guardando anche lui le reclute e smettendo di mestolare la polenta, concludeva: – Non era caporalmaggiore dei mitraglieri, ma dei mortai –. E le reclute ridevano.
“Mario Rigoni Stern – Il sergente nella neve”